Una Lezione di Drumming col Brass

Nel prosieguo delle attività invernali il Brass Group ha presentato al Golden uno dei migliori concerti sinora, ascoltati: la propria Big-Band arrangiata e diretta dal batterista Mel Lewis.
L’orchestra, il più importante esperimento che l’Associazione abbia fatto nei suoi dieci anni di attività, continua a crescere compiendo «giant steps», per dirla alla Coltrane.
Ora l’affiatamento, l’intonazione tra le sezioni, la puntualità degli obbligati, la corposità dei «tutti » senza dubbio lasciano assai meno a desiderare. Certo è che l’aver fatto sottostare l’organico alla bacchetta di direttori-arrangiatori diversi, prescelti tra i più grandi band-leadr mondiali, doveva dare frutti del genere.
Garsia l’ha dunque spuntata, e, a prezzo di enormi sacrifici organizzativi ma anche e soprattutto economici, ha regalato alla nazione un gioiello che ora in molti e da più parti ci invidiano.
Da un punto di vista solistico, pur sottolineando la crescita di Riina, Maugeri e Nash, è chiaro che gli elementi di spicco sono i soliti tre: il pianista Salvatore Bonafede, autore, in questo concerto, di un illuminante piano solo ricco di chiaroscuri, tensioni e pause meditate, nuovamente tensioni e ancora stasi riflessive che, pur richiedendo per la loro stessa organizzazione una maggiore maturità espressiva, lo stagliano come pianista jazz completo, all’americana per dirla in breve con gergo da addetti ai lavori; il tenorista Stefano D’Anna, di statura «almeno» nazionale, il quale, con tutto rispetto per la realtà siciliana, potrebbe tranquillamente agognare a ben altri e meritati riconoscimenti nell’ambito del jazz professionistico; e infine il percussionista Mimmo Cafiero, per tutti un esempio di musicalità su strumenti ritmici che in genere sono sempre relegati ad un ruolo di sterile percussività da strumentisti meno sensibili alle sottili sfumature del jazz e della musica tutta.
Ed ога alcune considerazioni sul direttore, appunto Mel Lewis.
Io ho ascoltato parecchi batteristi jazz, da quelli fondamentali per l’evoluzione dello strumento, a quelli mediocri.
Lewis certamente non appartiene né agli uni né agli altri, ma al Golden abbiamo ascoltato un musicista in senso lato con i controfiocchi. Intanto, da «fine dicitore», schivando la prevalenza solita del batterismo leaderistico sugli altri strumenti, s’è limitato ad un ruolo di delicato accompagnatore con l’umiltà tipica dei grandi strumentisti; eravamo un po’ tutti stupiti di come si possa essere il perno di una band di 22 elementi appena toccando i tamburi o i piatti. La ricchezza creativa del musicista non viene certo a mancare, semmai essa si manifesta quale carenza cronica in tutti quei batteristi di oggi che sistematicamente ci affliggono gli apparati auricolari mandando a monte l’equilibrio di troppi buoni concerti.
Un’ultima positiva nota: avevo detto tempo addietro in queste stesse colonne della cronica strapazzarura dei timbri orchestrali da parte di una smisurata amplificazione, Finalmente i responsabili dell’Associazione, accogliendo unanimi suggerimenti pervenuti da più parti, l’hanno parzialmente eliminata!
Infatti tutte le sezioni dei fiati non avevano un solo micro fono, limitando alla sezione ritmica l’infernale apparato. Ne ha risentito il timbro dell’ottimo piano coda del Golden, poco naturale e troppo metallico; ma il povero Bonafede, compiendo sforzi sovrumani, ha limitato al massimo tutte le imperfezioni. Del resto si è buoni musicisti anche per questo!


Andrea Marchione – Avvisatore – Palermo – 27.03.85