Intervista di Marco Valente a Mimmo Cafiero

Mimmo Cafiero, batterista e percussionista siciliano.

IJM: Parlami dei tuoi inizi, di come ti sei avvicinato alla musica, dei primi
dischi che hai comprato, del tuo primo strumento musicale …

Il mio è stato un classico inizio. All’età di 10 anni mio padre mi regalò quel
famosissimo giocattolo che ai tempi era l’organo “Bontempi”, un modello economico (2 ottave), che subito mi appassionò. All’età di quattro anni ero già un grande appassionato di musica, infatti avevo un mio giradischi (di quelli a valigetta) ed una collezione di 45 giri.
Ovviamente ascoltavo musica leggera ma ero comunque attratto da un certo tipo di composizioni forse considerate già superate ai tempi. Mi piacevano comunque molto Gorni Kramer, Gianni Morandi, Antoine e i Beatles.
All’età di otto anni partecipai a dei concorsi canori, a dieci anni conoscevo già
parecchie canzoni e quel giorno che ricevetti quel regalo, mi ricordo che con
estrema facilità riuscivo subito a riprodurre tutte le melodie che avevo in testa.
Mio padre lavorava in un Night Club che ospitava ogni sera gruppi dal vivo e
conoscendo tanti musicisti mi organizzò un incontro con il Maestro Buogo,
insegnante al Conservatorio di Palermo che, dopo avermi fatto un piccolo test di
musicalità, obbligò mio padre (fortunatamente) ad iscrivermi in Conservatorio. Ho iniziato con lo studio del pianoforte ma la mia passione per le percussioni e per la musica moderna mi fece, dopo quattro anni circa, abbandonare gli studi classici.
In quegli anni comunque feci le mie prime esperienze professionali come cantante all’interno del Coro del Conservatorio, lavorando anche per il Teatro Massimo in alcune Opere Liriche (Carmen e Tosca) e con un Coro fondato ai tempi dal Maetrso Norino Buogo che alternava musica classica e jazz nei suoi arrangiamenti.
Di quest’ultimo Coro fece parte anche Salvatore Bonafede. Era il 1973 e intanto a
Palermo nasceva il “Brass Group Jazz Club”.
Il padre di Salvatore era uno dei soci sostenitori del Club e fu così che pian piano,
con la scusa che io ed altri amici cercavamo Salvatore al Club, durante i Concerti
Jazz ci intrufolavamo senza pagare ed iniziavamo ad ascoltare quella musica che ho avuto la fortuna di iniziare a conoscere giovanissimo. Mi ricordo concerti di Dexter
Gordon, Johnny Griffin, Mingus, seduto accanto a loro in quel clubbino che a volte
ospitava non più di dieci spettatori.
I miei primi dischi: Oscar Peterson e Jimmy Smith.

IJM: E il tuo primo gruppo? Quanti anni avevi? Fino alle prime esperienze
professionali …

Il pianista era Salvatore, io ero attratto dalle percussioni e così nacque il nostro
primo gruppo, un quartetto, fondato nel 1975, che ebbe la sua prima opportunità di esibirsi in un club il giorno dopo la sua costituzione.

IJM: Raccontami un aneddoto del primo concerto veramente importante che
hai tenuto.

A Palermo non c’erano jazzisti della nostra età. Quindi in tutti i concerti che davamo eravamo fin troppo coccolati e ci facevano sentire sempre importanti. Tutti i miei concerti dal ‘75 al ‘78 sono stati importantissimi. Forse la prima emozione arrivò nel ‘78 quando entrai a far parte del gruppo di Enzo Randisi e partecipai alla prima edizione del Messina Jazz Meeting e per la prima volta il mio nome fu scritto su “Musica Jazz”. L’articolo era di Enrico Cogno.
Non ricordo aneddoti particolari dell’epoca. Forse, chissà, il mio primo concerto
veramente importante deve ancora arrivare.

IJM: Qual’è stato il primo musicista italiano che più ti ha impressionato per
le sue qualità musicali e umane?

Bruno Biriaco. Perchè è stato il primo musicista che più mi ha stimolato (lo
conobbi in un seminario a Palermo nel 1982) e mi ha incoraggiato nella mia strada.
Mi ricordo ancora le sue parole: “bravo Mimmo! Appena avrò la possibilità mi
ricorderò di te”.
Dopo due anni Bruno mi chiamò a far parte della sua Orchestra di “Domenica in…”.
Ma Bruno fu comunque il primo. Senz’altro aggiungo Franco Cerri, Paolo Fresu,
Enrico Rava….e gli americani Curtis Fuller e Mel Lewis con i quali ho avuto il
piacere di collaborare e di essere stato stimolato umanamente nella mia carriera.
Ma vorrei ricordare Maurizio Caldura: è stato forse il mio più grande compagno
musicale da quando sono attivo sulla scena jazzistica nazionale. Abbiamo viaggiato insieme, dormito insieme, riso insieme, composto insieme, arrangiato insieme, organizzato insieme, collaborato insieme, ascoltato insieme…. sento di avere adesso un angelo in più dalla mia parte… che mi aiuta e che aiuta i giovani
musicisti e il jazz italiano.

IJM: Che ne pensi del jazz italiano attuale? Indicami due musicisti italiani
che secondo te sono sottovalutati e due promesse del jazz italiano.

Penso che sia molto confuso… ma forse sono io che non ci capisco nulla! Se è
così mi scuso.
Salvatore Bonafede e Dario Deidda. Due promesse: Dino Rubino, trombettista
catanese e Lino Costa, chitarrista palermitano.

IJM: Qual’è stato il musicista straniero che più ti ha impressionato per le sue
qualità musicali e umane. E con chi vorresti suonare nel prossimo futuro
(sogno o realtà)?

Purtroppo umanamente, se ci rivolgiamo agli americani, non c’è a mio avviso molta scelta. Sono un pò anti americanista, se per americanismo intendiamo la
vastissima gamma di esemplari umani superdotati tecnicamente che inflazionano le nostre scene. Tutto sommato, comunque, con una buona dose di pugno di ferro, con alcuni si riesce a trattare. Se devo risponderti, tra i musicisti con cui ho collaborato, la mia più grande esperienza è stata quella di suonare con Hal Crook e Mick Goodrick. Mick è sicuramente uno strano “americano” infatti è molto dolce, tranquillo, generoso e contemporaneamente un grande poeta e grande tutto… Hal è eccezionale… mio grande amico ma… un caratterino da americano…
Mi piacerebbe molto suonare con Paul Motian…

IJM: Parlami dei tuoi progetti attuali e delle idee che ti stanno passando per
la testa.

Per adesso sto attendendo… Quando faccio un concerto faccio in modo di essere
uno spettatore… suono attendendo che accada qualcosa… non mi piace essere
troppo previdente… sono il primo spettatore di me stesso… e poi o mi dico
bravo… raramente… o mi faccio schifo… più spesso… nella vita per adesso mi sto
dedicando alla mia città, anche se ancora non lo capisce nessuno… e attendo che
accada qualcosa. Forse tra un pò riprenderò a comporre che è una cosa che mi
piace molto e intanto suono, ma soltanto in poche situazioni. Jazz in trio con
Bonafede e Deidda, Triangles con D’Anna, Condorelli e Deidda, o la mia
Orchestra … L’Open Jazz Orchestra.

IJM: Per il piacere dei percussionisti: descrivici il tuo set.

Per adesso uso una semplice batteria Yamaha: cassa 18” con un tom e un
timpano. I miei piatti da 12 anni sono sempre gli stessi: un K Zildjan medium ride,
un crash Spizz, un piccolo ride chiodatino Spizz e un Charleston Sabian HH. Il
rullante, sempre da 12 anni, è un Quemme artigianale fatto a Roma.
Quando faccio il percussionista: Quinto costruzione 1985 (Vincenzo Ridolfi – Roma), Conga e Tumbadora Latin Percussion del 1986. A sinistra uso il charleston e il rullante. A destra altri aggeggetti vari, timbales e un ride.

IJM: Un saluto agli utenti di IJM.

Scusatemi ma non sono bravo a scrivere. Comunque a Palermo il 16 gennaio 1998 è nato l’Open Jazz Club, frutto dell’Associazione Siciliana Musica Insieme di cui sono Presidente e fondatore. Spero possa diventare un jazz club stabile a Palermo a disposizione di tutti gli amici jazzisti. Siete tutti invitati.

Ciao a tutti!

Marco Valente – Italian Jazz Musician – www.ijm.it – 31 gennaio 1998